Cerco un riepilogo di presumibili puntate precedenti senza depistarmi.
Il Novecento, prima di innescare la predominante visione collettiva, dopo la fotografia e il cinema, aizzando il reale attraverso la Tv – reality-zzandolo – e santificando la pubblicità (sull’altare della persuasione) sembra avere usato la catapulta per schiantare il castello delle presunte certezze umane. Le ha sbrecciate più o meno follemente in un contesto di progressivo spaesamento, nell’alternanza della spinta guerrafondaia con quella post-bellica: entrambe pandemiche, sono dure a morire.
Sulle appariscenti rovine di baluardi ideologici dove piante pioniere si erano – e sono - abbarbicate al Passato che si desidera e preferisce, l’Arte ha continuato ad annusare il proprio destino di Tentatrice dello sradicamento del “vecchio”. Per meravigliarci. È ancora qui a provarci. Va spesso in profondità, con l’illusione di renderci più consapevoli della Terra con la sua gravità, schiacciata dal peso dell’ipertecnica. Potrei pensare al Teatro; a altri gesti e “atti unici”.
“Carlo III e Ischia”
O sta in superficie, l’ Arte, con l’idea che – a tratti, per tracce aeree – al suo Corpo effimero conviene mettersi in gioco, calpestando ciò che di percettibile resta. Anche se dovesse trattarsi solo di fangosità digitale. Così, se si facesse assai liquido (Zygmunt Bauman non è finito in soffitta) lo scenario, l’artista potrebbe diventare un surfista o chissà chi.
Al mancato, finora, tonfo atomico, sostituito dall’indefinibile cappio climatico che fa capolino sulla botola del boia, l’Arte ha trovato mille modi per non farci perdere completamente la testa, facendola però girare senza soste. Tra questi vortici, piuttosto appariscente è quello che vorrei chiamare il “sistema ludico” che ha ereditato mezzo secolo di cross-medialità diluita; con le repliche, le copie e la riproducibilità. Si riesce a vedere, fa rumore. Mentre le forme di produzione manifestano un bevibile sfruculiamento.
C’è una creatività da “b-art-ender” che stuzzica, servendoci un cocktail abbastanza alcolico di voci, suoni, immagini, materie prelevate dalle tentazioni che si offrono a noi sull’autarchico percorso della ricerca di senso: plop, spot, speed, pop, gulp, clip, glitter. Più che al bar, siamo in un bazar globale.
Di fatto trattasi, forse, di un grande mare fluorescente, dove procede anche il transatlantico della Pop Art con le sue rotte intrecciate. Ed è qui che naviga e surfa da anni un simpaticissimo e fine «ruffiano» - la definizione è sua – che è diventato, appunto, “popolare”: René.
Di origini pugliesi, di Lucera, superati i 60 portati alla grande e con indiscutibile successo, René ha un pubblico trasversale, è amato da collezionisti e galleristi, ed è da un bel po’ sulla cresta dell’onda, davvero: a lui è stato commissionato – ci tiene a ricordarmelo - il francobollo ufficiale per la commemorazione, il prossimo 23 settembre 2023, dell’ottantesimo anniversario del sacrificio di Salvo D’Acquisto.
È un traguardo istituzionale, non inatteso. Bella storia per chi, come lui, ha cominciato ad acquerellare on the road, nel suo paesone solare di pietra bianca, per 13 anni, prima di approdare all’Accademia di Roma, e poi scappar via… virando sulla strada maestra dei concorsi di pittura estemporanea che ne hanno plasmato lo stile fantasmagorico ed eccentrico che piace. La caratteristica saliente? La velocità d’esecuzione, l’arrembante e istantaneo utilizzo di manipolabili tool, del pennello, dell’acrilico, dello smalto, del pennarello a smalto indelebile. «Eseguo senza ripensamenti», dice scrutandomi, mentre mi dedica un fulminante essay quadrato, cadeau di virtù coloratissime.
René, ragazzo e maestro della propria bottega lucerina, è sbarcato a Ischia per servirci le sue creazioni fresche: sono esposte, all’Hotel Le Querce, 22 opere recentissime, in tecnica mista e vari formati. Hanno le trame di patchwork (un poco) e décollage (di più), sono animate dal Pop, da Grafica e Design industriale e imbottite di Cartoon; pullulanti di icone che sono già nelle nostre vene.
René è leggiadramente, ormai leggendariamente bulimico. Nei suoi pezzi c’è una cascata festosa di strepitosi nonsense, di simboli dissacranti e d’improbabile numerologia, di iperboliche sgrammaticature del quotidiano che ci insinuano il dubbio, ci disconnettono per qualche attimo e ri-costruiscono (evviva) il pensiero disfatto d’abusi social.
C’è una fioritura di echi in pausa, apparentemente identici, che aspettano d’essere ascoltati, compresi. E così, spezzettando i cliché, René ci porta nello studio dell’estetista per rifarci il sorriso perduto, mentre ci pervade il sussurro gioioso dei suoi colpi di genio ora minimi, ora appariscenti. Sono da scrutare, indagare, leggere con la lente in un turbinio di richiami domestici ed esotici; e scatti di memoria.
Ne scaturisce una de-costruzione prêt-à-porter che incuriosisce dapprima e dopo ti trafigge. E nel fuorionda ti lasci andare alla sorpresa: «Cavolo ho capito!», mi direte in coro.
In una sarabanda di centuplicate inserzioni autoriali, da Magritte a Warhol; da Romano Scarpa a Giorgio Cavazzano (sono due dei miei mistici disegnatori dell’Albo di Topolino); fino a “chi o cosa” rintraccerete nei suoi pezzi; passando per Botero e i grandi fotografi di set, René lascia liberamente autoalimentare le citazioni e ottiene una brillante confezione… erotica. Confermando una mia vecchia battuta: «Se ripeti la parola “citazione”, “citazione”, “citazione” rapidamente, per almeno 20 secondi, ottieni: “eccitazione”». Curiosi? Provateci. Passando dalla mostra.
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LA MOSTRA
Le opere della personale di René sono esposte nelle sale dell’Hotel Le Querce Resort Sea Thermae & Spa, a Ischia, in via Baldassarre Cossa 55, fino al 15 settembre 2023.
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