di Marzia Fiorito
Siamo in un punto d'arrivo e di partenza, sul bordo della riva sinistra della Senna. È un elegante contenitore, di pietra, metallo e vetro con due enormi orologi a segnalare la sua funzione precedente.
Qui giunsero le prime locomotive a motrice elettrica, un vantaggio per l'architetto Laloux che poté replicare con soddisfazione la volta delle Terme di Caracalla (era stato vincitore del Prix de Rome nel 1878). Le signore, finalmente, sfoggiavano con evidente narcisismo abiti da viaggio chiari e cappelli colorati senza il rischio di vederli rovinati dalla polvere grassa dei treni a vapore.
Intanto nella buvette si scambiavano gli ultimi pettegolezzi... osservando dalle ampie vetrate il Sacré Cœur, sull'altra riva a segnare l'orizzonte.
Era il 1900, anno della più sfarzosa e moderna esposizione universale. E come tutto ciò che è molto moderno, rapidamente non lo fu più. Che fare di una stazione in disuso? Un giardino, un circo, un circolo culturale, un rifugio... E poi un presidente della Repubblica dall'intuito geniale decide di farne un museo.
Musée d'Orsay, il museo degli scandali più celebri della pittura del '800 è stato inaugurato nel 1986.
Se dovessi parlare di un solo quadro "scandaloso" non avrei alcun dubbio. Al pian terreno, nel punto esatto dove c'erano i binari, Gae Aulenti ha creato salette contigue. Sono appesi pochi ma straordinari capolavori, che invitano il visitatore ad un gioco di pieni e di vuoti.
Sulla sinistra, in fondo... ci attende “La pie”, “La gazza” firmata da Claude Monet (1840-1916) datata 1869, olio su tela, 89x130 cm.
Inverno 1868. Monet è in preda allo sconforto e vuole farla finita. Si getta nelle acque torbide della Senna, ma si salva. In fondo ama troppo la vita e l'amata Camille l'ha appena reso padre. Lasciare tutto, allontanarsi da Parigi, dimenticare i rifiuti del Salon... sì, lontano in Normandia, a Etretat. Respirare e sorridere, ritrovare l'ispirazione e ricominciare.
Si arriva in breve tempo, partendo dalla Gare Saint Lazare, verso il mare. Ma questo inverno è rigido e la neve ha ricoperto tutto. Fa freddo e mentre sistema cavalletto, tela e comincia a preparare pennelli e colori, il sole appare come un dono inatteso. In questa solitudine bianca sulla staccionata sì è posata una gazza che scalda le sue piume scure.
Monet mette da parte lo sconforto per ritrovare la sua forza. Perfetta è la prospettiva atmosferica che rende intatta la sensazione di gelo, rigorose sono le linee di costruzione che compongono il quadro e bellissima la resa del riflessi... la neve non è affatto bianca. È fatta di minuscoli cristalli colorati. Il tempo è sospeso, immobile.
Monet va oltre, facendo del fragile uccellino il suo alter-ego. La gazza è l'artista, malinconico, solitario, incompreso ma anche coraggioso e fiero. Fragile creatura. Il tepore che scalda le sue piume è una promessa di primavera.
Il riconoscimento del suo lavoro arriverà tardi, ma tutto è già qui.
Nel 1872, sul porto di Le Havre un sole che sorge darà il titolo al capolavoro che battezzò il movimento impressionista due anni dopo (“Impressions, soleil levant” conservato al Musée Marmottan Monet).
A volte basta salire su un treno...
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