Ueee, cos’è questo, miele? Sì, miele. Ma questo è un po’ diverso: è libero, è selvatico. Ed è proporzionale. Ma come? Te lo spiego: è proporzionale al paesaggio che lo contiene. Meno bellezza vedi in giro, meno miele avrai… Fatti un po’ di calcoli, fai pure una ideale circumnavigazione.
Oppure immaginati, microscopico, di resistere a cavalcioni su un drone che vola sull’isola: capisci che il miele che vedi e tra poco assaggerai, è molto prezioso. Intanto, è selvatico come le api che lo producono. Che, guarda un po’, sono tornate a Ischia. Nonostante tutto.
Ma daiiii. La bella notizia era nell’aria – e dove, altrimenti? - da qualche tempo, proprio come il brusìo dolce dei melari. E non è certo quello ipnotico delle «casine lentamente roteanti con carillon incorporato» che si poggiano sulle culle dei neonati, ahah. È tutta un’altra storia. Vera. E neppure ammorbidita da ciccipù e bavaglini per benpensanti dal pollice verde. Per svelarla, e l’ho già scritto qualche giorno fa, per averne certezza era davvero necessario abbinare la passione alla competenza, e all’innovazione tecnologica. Altro che chiacchiere.
È tutto merito di una donna, anzi di una Mujer Vertical all’ischitana, Raffaella Scotti (telefono: +39 338 155 2688; e-mail: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.). È una tipa un po’ speciale, una pasionaria dell’etica ambientale, perché etica e ambiente sono la stessa cosa. E perché, poi, lei fa dell’empatia con l’energia che la circonda, una esemplare ragione di vita. Nettare per l’anima e forza muscolare si fondono in questa ragazza tosta e multitasking che tra poco compirà 45 anni. La conosco dal 2009, quando – con i suoi soldini – realizzò un documentario intitolato «Ischia l’isola dei tesori», sintesi di una personalità vulcanica come questa terra orgogliosa. Terra, però, sbadatissima. Vabbè… Raffaella mi consegnò il Dvd al bar Calise sul porto, con una frugale cerimonia piena di speranza verso una rivoluzione auspicabile nella comunicazione del turismo: qualcuno le aveva riferito dei miei tentativi avviati negli Anni Novanta…
Per lei, allora, avrei utilizzato un mix per descriverla, con un po’ di verbi e idiomi: atletica e creativa, tra climbing, diving, casco da arrampicata e muta per esplorare pareti sommerse, corde, cordate, codedicavallo, maschere e bombole nel blu… Un fisico bestiale e molta, dispendiosa sincerità, dedizione al mondo, ai suoi abitanti, uomini, donne e respiri millenari di alberi, fiori, posidonie e gorgonie, volatili rari e rarissimi, gatti e gattini... Era così, e non è cambiata.
«Sono sempre sincera, non ingenua – conferma oggi Raffaella – nel senso che sono “senza cera”, alla maniera latina». Dunque, probabilmente, come il miele puro che ha abbandonato altrove la cera che andrà incontro ad altri utilizzi… Raffaella mi serve su una graziosa e onirica guantiera per pasticcini questa citazione latina, suggerita dai suoi ricordi familiari di conoscenze umanistiche. Però condivido (con altri) una spiegazione del termine ancora più probante: «È sincera perché è senza inquinanti, senza impurità». Che è quasi la stessa cosa, e non muta il fascino di un etimo privo di eccessivi orpelli concettuali.
Sinceri, siamo, dunque. Raffaella mi convince assai per il suo impegno senza soste verso la Natura isolana per proteggerla, valorizzarla. Concretamente. Qualche esempio? Insieme ad Antonio Gebbia, nel 2010 ha scoperto e segnalato, tra le forre italiane, la Forra dei Pizzi Bianchi.
È uno sventramento da urlo, colorato dagli effetti dei fluidi ipertermali, caratterizzato qua e là dai poggi gibbosi collinari che lo sovrastano: sono tenuti insieme solo dalle cannucchiare e non da parracine impossibili (lì mancano le pietre); e sono stati scavati per secoli dai trogloditi per necessità che s’infilavano nella Iesca e dintorni. È l’areale che da Serrara si lancia verso il basso, fino al cuore del canyon di Cavascura, delineando un percorso che è il perfetto hotspot dell’immaginario collettivo che crede nell’amore per gli habitat incontaminati. Questa zona è un inno alla geologia erotica, e un paradiso per i cercatori di funghi porcini, quando è il momento. Prendete le giuste precauzioni, allenatevi, armatevi di videocamera e ottimi obiettivi, e andateci. In buona compagnia. Alla fine, stremati, gettatevi in acqua, bollente o marina che sia. Su, che aspettate?
Arrivarono riconoscimenti e premi, per quel lavoro, esemplare dal punto di vista fotografico; e pure l’attenzione della Rai, con l’eternamente rosso Osvaldo Bevilacqua che dedicò un servizio ad hoc nella sua trasmissione «Sereno Variabile».
E non finisce qui. «Nonostante la modernità ci stia portando lontano dalle radici, testardamente rivitalizzo le nostre tradizioni che stanno scomparendo: dalla cucina, all’arte dell’intreccio di canestri e nasselle», racconta con un sorriso. «Dopo aver cercato di salvare molte specie di animali, e dopo molti anni di studio, nel 2019 ho realizzato – aggiunge Raffaella - un altro sogno, quello di diventare apicoltrice, sviluppando però la tecnica di allevamento più protettiva verso questo insetto, con le arnie orizzontali».
Eccoci, finalmente! Torniamo alle nostre api, per di più selvatiche.
«Queste api libere e indipendenti, come ricorda Paolo Fontana, entomologo e maggiore esperto italiano del settore – spiega ancora la mia amica – in genere non sono sciami che partono dagli alveari dell’uomo: la conferma si ha con l’analisi del Dna. Da qualche tempo, con l’arrivo della App creata dalla fondazione Edmund Mach di San Michele all’Adige con il progetto “Bee Wild”, ho cominciato a segnalare le prime colonie selvatiche di Ischia dando il via a un nuovo modo di tutelare attivamente la Natura e le sue creature. Uno degli aspetti clou è verificare come reagiscono e resistono al peggiore nemico, la Varroa, un acaro proveniente dall’Asia».
Grazie alla sua iniziativa e alle sue segnalazioni, c’è già una mappatura dei siti ischitani di insediamento delle api selvatiche. La diffusione sui social del progetto di monitoraggio, sta facendo il resto. L’attenzione è in crescita costante.
«La sopravvivenza delle api è legata alla nostra, eppure spesso si pensa solo al guadagno e allo sfruttamento delle stesse. I miei prodotti? Ci sono nelle giuste quantità, tra miele, propoli, cera pura al cento per cento. E, poi, le candele fatte in casa, le creme per il corpo, i saponi, e così via». Eccolo, il caleidoscopico bazar di Raffaella. «Ho cominciato anche a spiegarlo ai bambini, questo piccolo miracolo, con cicli di incontri appassionati: se si vuole arrivare ai grandi e ai futuri grandi, si deve partire da loro». Mentre si sprigionano luce soffusa e profumi, da una postazione a forma di favo, a ridosso dei boschi del Montagnone, io intingo l’indice in un barattolo di vetro colmo di storia fino all’orlo...
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